Uno sguardo introduttivo per capire cos’è e come si sviluppa
E’una condizione caratterizzata dalla progressiva perdita di massa e forza muscolare a causa della riduzione numerica delle fibre muscolari con atrofia delle fibre rimanenti. Sono interessate quasi esclusivamente le fibre di Tipo II, ovvero fibre che sviluppano una forza medio-alta e veloce di un muscolo; mentre le fibre di Tipo I, fibre della contrazione lenta e con poca forza, vengono quasi completamente risparmiate. E’, in parte, un processo fisiologico ed irreversibile dell’invecchiamento e fragilità di una persona, in grado di condizionare negativamente la qualità della vita, la prognosi di altre malattie e la sopravvivenza.
Nel percorso di sviluppo della fragilità, alcuni organi e sistemi, quali il sistema nervoso centrale (SNC), i sistemi endocrino, immunitario e muscolo scheletrico, sono coinvolti in maniera particolarmente rilevante e strettamente integrata tra loro. In questo contesto la sarcopenia viene considerata come una componente chiave della fragilità dell’anziano.
In condizioni fisiologiche, la capacità di autoregolazione muscolare viene mantenuta in equilibrio tra formazione di nuove cellule muscolari, con aumento delle dimensioni del muscolo stesso, e la perdita proteica, grazie al coordinamento delle attività dei sistemi neuro-immuno-endocrino, modulati e regolati dallo stato nutrizionale e dall’attività fisica.
La massa muscolare e la sua funzionalità dipendono direttamente dal contenuto proteico del muscolo ma anche dalla qualità di tali proteine. Queste proteine sono regolate da un vero e proprio metabolismo proteico; un metabolismo assai dinamico nel quale la sintesi di nuove proteine e la loro perdita sono continuamente attive e devono sempre e continuamente adattarsi ed equilibrarsi per mantenere, come risultato, la massa e la funzione muscolare.
Con il passare del tempo, questo delicato equilibrio progressivamente tende ad alterarsi e rompersi. L’organismo produce sempre di più componenti reattive di infiammazione (nomi complicati per gli addetti ai lavori quali interleukina 6, TNFα, PCR), e di ossidazione, che accelerano sia la perdita di massa (sarcopenia), che di forza muscolare (sarcodinia). La conseguenza clinica di tale perdita è una riduzione delle capacità funzionali e di autonomia muscolo-scheletrica delle persone anziane.
La sarcopenia è, dunque, la conseguenza di una diminuzione di sintesi e/o di un aumento della degradazione delle proteine tissutali. Tra gli adattamenti giornalieri con cui deve confrontarsi il metabolismo proteico vi è l’assunzione di alimenti e l’arrivo di nutrienti che l’organismo deve immagazzinare per far fronte ai periodi di digiuno.
Tra i principali attori di tale stimolazione proteica, dopo un pasto, vi sono sicuramente ormoni come l’insulina; attenzione, anche gli amino-acidi alimentari stessi (AA), ovvero i costituenti delle proteine, sono fondamentali per qualità e quantità (lo vedremo meglio in un prossimo articolo).
È accertato che l’effetto anabolico del pasto, effetto che mantiene la massa del muscolo, si deteriora con l’invecchiamento a partire dai quarant’anni. Il suo effetto di stimolo sulla sintesi delle proteine muscolari diminuisce malgrado un apporto di proteine considerato normale. Badate, solo considerato normale: molto spesso non lo è.
Tale fenomeno denominato “resistenza anabolica al pasto” non permette di compensare la perdita delle proteine muscolari fra un pasto e l’altro, oppure nel digiuno, e la massa muscolare tenderà quindi a diminuire.
Nel soggetto anziano inoltre l’estrazione splancnica degli AA (aminoacidi) aumenta durante i pasti in un processo noto come “sequestro splancnico degli aminoacidi”. Tale processo, le cui cause sono ancora in parte non chiarite, contribuisce potenzialmente al progressivo declino legato all’età della massa muscolare e alla ridotta disponibilità periferica degli amino acidi.
In altre parole, col passare degli anni, i nostri organi hanno bisogno di più aminoacidi e quindi di proteine, per far fronte al logoramento a cui sono sottoposti e per mantenersi in un equilibrio vitale e funzionale ottimale.
A tutto questo si aggiunge, nelle persone anziane, molto spesso, un calo del senso di appetito e di fame, con una diminuzione, non solo del fondamentale apporto proteico, ma calorico nella sua totalità giornaliera per minor introduzione di carboidrati, acidi grassi, vitamine fondamentali ed oligoelementi.
Si può quindi ipotizzare che esista, a livello muscolare, una “soglia anabolica minima” che deve essere raggiunta dai fattori anabolizzanti proteici (amino-acidi) affinché essi possano stimolare la sintesi delle proteine muscolari dopo l’assunzione alimentare.
Questa soglia anabolica condizionerebbe non solo l’intensità della risposta anabolica ma anche la durata di tale risposta nel corso della fase del dopo pasto.
E, rispetto a questo tema, l’età diventa un fattore importante. Particolarmente fondamentali sono i 40 anni perché sono gli anni della “svolta”. E’ infatti da questa età e fino ai 70 anni che perdiamo intorno all’8% della massa muscolare per ogni decade di vita. E questo aumenta ulteriormente dopo i 70 anni, perché la perdita di massa magra muscolare arriva addirittura al 15% per ogni decade di vita.
Dovete considerare che questa perdita non è lineare ma legata a tantissimi eventi che possono portare ad una accelerazione di questo processo, basti pensare alle situazioni di immobilità, anche in modo momentaneo per episodi febbrili, o per traumi, oppure a malattie come il diabete. Ma, indipendentemente da tutto questo, l’età è un elemento chiave.
Un esempio? Prendiamo l’immobilità forzata per ospedalizzazione.
In questo caso, una persona giovane e adulta, approssimativamente perde circa 0,5 kg di massa muscolare degli arti inferiori in 4 settimane d’inattività, pari al 2% del totale di massa muscolare degli arti inferiori. Lo sa benissimo il giovane calciatore, per esempio, che, in seguito a trauma, dovesse rompersi il legamento crociato anteriore del ginocchio e venisse operato; vedrebbe, causa immobilismo, il suo quadricipide notevolmente ridotto di massa.
Un adulto, dopo i 40 anni, perde circa 1kg, sempre muscolatura degli arti inferiori, ma in appena dieci giorni di inattività; e siamo già intorno al 10% sempre della massa muscolare degli arti inferiori.
Ma dopo i 70 anni le cose cambiano ulteriormente, e, purtroppo, di molto. Appena 3 giorni di inattività portano ad una perdita di massa muscolare intorno ad 1 kg, che è una perdita enorme in soggetti già sicuramente con masse muscolari non ottimali; una perdita che mediamente è pari a più del 10% dell’intera massa muscolare degli arti inferiori. Questo, se ci pensate diventa una cosa decisamente impattante per una persona magari già in difficolta nello svolgere le normali mansioni di tutti i giorni e fino a quel momento abbastanza autonoma.
Tutto questo ha inoltre delle enormi implicazioni cliniche con aumento delle disabilità, aumento della perdita di calcio dalle ossa, di cadute e fratture; una diminuzione della attività fisica a cui si accompagna una diminuzione dell’autonomia: si crea un vero e proprio circolo vizioso che porta ad uno stato di dipendenza.
Oggi, grazie alla medicina moderna, disponiamo di un immenso armamentario di terapie e farmaci che “ci tengono in vita”, che aiutano i nostri apparati, cardiovascolare e respiratorio, e non solo, a funzionare per permetterci di condurre una vita dignitosa. Tutto questo però, il più delle volte, non ci permette di arrivare in piena autonomia muscolo-scheletrica, al fine vita.
Purtroppo, sempre più spesso, con l’invecchiamento della popolazione, vediamo persone anziane che arrivano ad una certa età in una condizione di fragilità e di dipendenza da altre persone, anche per i bisogni primari. E allora, come intervenire, come studiare e contrastare tutto questo?
Lo vedremo nei prossimi articoli dove si parlerà più in dettaglio di come studiare la sarcopenia ovvero quali strumenti abbiamo; di nutrizione e apporto proteico nell’anziano e della quantità e qualità di questo apporto; di esercizio fisico, di obesità sarcopenica, di obesità e diabete, del ruolo degli aminoacidi e dell’importanza della vitamina D.